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Sopravvivere alle profumazioni – Surviving fragrances

Cosmetici, sai cosa usi? Incontro con la Prof. Silvia Vertuani

Cosmetici, sapete che cosa usate?

By Published On: Settembre 22nd, 2025

Sezione dove temi e problemi sono affrontati a partire da contenuti autoriali e scientifici.

Cosmetici, sapete che cosa usate?

Cari consumatori consapevoli

Quante volte vi siete trovati davanti allo scaffale di una profumeria o di un supermercato, smarriti nella miriade di flaconi, barattoli e tubetti, ciascuno promettendo miracoli e benessere? Ognuno di noi, almeno una volta, ha ceduto al fascino di una fragranza inebriante, alla promessa di una pelle più giovane o alla texture vellutata di una crema. Ma vi siete mai chiesti cosa stiamo realmente applicando sulla nostra pelle? Quali sono gli ingredienti che compongono quel prodotto così seducente e, soprattutto, sono sicuri?

È una domanda che risuona con particolare urgenza per chi, come i pazienti affetti da Sensibilità Chimica Multipla (MCS), i bambini, i malati oncologici o chiunque abbia una pelle fragile, reagisce anche a concentrazioni minime di sostanze chimiche. La risposta, come spesso accade nella scienza, è complessa, affascinante e sorprendentemente quotidiana. Abbiamo avuto il privilegio di esplorare questo mondo grazie all’illuminante contributo della Prof.ssa Silvia Vertuani, associato del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie dell’Università di Ferrara, una vera autorità nel campo della chimica cosmetica e cosmeceutica.

L’Università di Ferrara, riconosciuta come un “punto di eccellenza nella ricerca e nella formazione delle scienze cosmetiche”, si fa portavoce di una missione cruciale: divulgare il sapere scientifico alla comunità, superando le barriere di un linguaggio spesso ostico. Ed è proprio in questo spirito che ci immergiamo nel complesso, ma indispensabile, universo della sicurezza e del consumo consapevole dei cosmetici.

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Articolo di sintesi dell’incontro

Il Labirinto Legislativo: non tutto ciò che si spalma è un cosmetico

Il primo passo per navigare con consapevolezza è distinguere. Nel mondo dei prodotti ad uso topico, non esiste solo il cosmetico. La Prof.ssa Vertuani ci ha guidato attraverso un vero e proprio “labirinto legislativo”, dove ogni categoria ha regole e finalità ben precise.

  • Cosmetici: diverse tipologie di prodotti per uso topico destinati ad essere applicati esternamente sulla pelle e annessi cutanei (capelli, unghie e mucose esterne come bocca e organi genitali), che si utilizzano solo sulla cute e mucose integre.

Altri riferimenti fanno ricadere i prodotti ad uso topico in altre classi legislative come:

  • Farmaci: sono sostanze con proprietà curative o profilattiche delle malattie umane. La loro etichetta riporta la concentrazione del principio attivo e sono soggetti all’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC). Un farmaco, per intenderci, può “modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica”.
  • Preparazioni Galeniche: create dal farmacista su ricetta medica, personalizzate per un singolo paziente. Rientrano nell’alveo dei medicinali.
  • Presidi Medico-Chirurgici e Biocidi: questi prodotti sono destinati a “distruggere organismi nocivi” come batteri, virus o insetti. Un cosmetico, per esempio, non può vantare attività antibatterica o antivirale diretta, ma al massimo può definirsi “igienizzante”. Né può essere etichettato come “insetto repellente”; quest’ultimo è un claim esclusivo dei biocidi.
  • Dispositivi Medici: anch’essi applicati sulla pelle, ma con il fine di “vantare proprietà terapeutiche” o agire su patologie. Sono riconoscibili dal pittogramma “CE” sulla confezione. Rientrano nel Regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento Europeo e del Consiglio dal 5 aprile 2017. Mentre un cosmetico deve essere testato su volontari sani, gli studi sui dispositivi medici possono coinvolgere pazienti.

Dunque, cos’è un prodotto cosmetico? Il Regolamento Europeo 1223/2009 (recepito nel 2013) lo definisce come “Qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistemi piliferi e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni, oppure sui denti e sulle mucose della bocca) allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l’aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei”. La parola chiave è “sicurezza”: per il consumatore e per l’ambiente, a tutti i livelli.

Il cosmetico ha sei funzioni riconosciute:

  1. Detergere (funzione igienizzante)
  2. Profumare
  3. Modificare l’aspetto (funzione estetica)
  4. Proteggere
  5. Mantenere in buono stato (funzione eutrofica, di prevenzione)
  6. Correggere gli odori corporei

Un cosmetico non può mai vantare proprietà curative, ma è essenziale per la prevenzione e il mantenimento dell’integrità della barriera cutanea. Curioso notare che oggi è quasi impossibile trovare un prodotto che svolga una sola di queste funzioni, ad eccezione dei profumi puri. La “multifunzionalità” è la regola d’oro del mercato.

E i Cosmeceutici? Questa parola, così diffusa nel marketing e nella letteratura scientifica, è un “puro neologismo legislativo di origine americana” e non ha “nessun riconoscimento legislativo” nel Regolamento Europeo 1223/2009. Indica prodotti che sono il frutto di un grande sforzo di ricerca e innovazione, ma, legalmente parlando, restano a tutti gli effetti prodotti cosmetici. Non aspettiamoci quindi che un “cosmeceutico” faccia miracoli o abbia proprietà curative: la legge gli impone gli stessi limiti di un cosmetico tradizionale.

L’Alfabeto del Benessere (e del Rischio): decifrare l’INCI

Eccoci al cuore della questione: l’etichetta. Avete mai provato a leggere la lista degli ingredienti di un prodotto cosmetico? Sembra arabo, o greco antico, o un codice segreto… e in effetti, un po’ lo è. Parliamo della INCI: International Nomenclature of Cosmetic Ingredients. Nata negli anni ’70 per uniformare con un linguaggio comune il settore a livello mondiale, è un sistema complesso, spesso in doppia lingua (latino e inglese), che richiede una “forte competenza chimica” per essere pienamente compreso.

Gli ingredienti sono elencati in ordine decrescente di quantità fino alla soglia dell’1%. Sotto l’1%, l’ordine è a discrezione del fabbricante, e spesso viene sfruttato per “tutelare il proprio sapere”. Ma attenzione: a differenza dei farmaci, non è obbligatorio dichiarare la concentrazione degli attivi. Un’azienda può farlo per marketing (“Niacinamide al 5%!”), ma è una scelta di marketing, non un obbligo.

La lingua INCI può presentarsi in tre modi:

  • Latino (Trivial Name): per ingredienti comuni o quelli presenti nella Farmacopea Europea (es. Aqua per l’acqua deionizzata, Mel per il miele, Paraffinum Liquidum per l’olio di vasellina).
  • Inglese: per sostanze di sintesi o con elevato grado di purezza (es. Ascorbic Acid per la vitamina C pura).
  • Ibrido Latino-Inglese: la parte più insidiosa, riservata ai derivati botanici. Il nome scientifico della pianta (Genere e Specie) è in latino (es. Prunus Amygdalus Dulcis per la mandorla dolce), seguito dalla descrizione del tipo di estratto in inglese (es. Oil per l’olio, Extract per l’estratto).

Oli Essenziali vs. Oli Fissi: una Distinzione Cruciale Quando leggete la parola “Oil” in etichetta, fermatevi e approfondite. È qui che si annida una distinzione fondamentale per la nostra sicurezza:

  • Oli Essenziali: sono “concentrati di sostanze chimiche volatili”, estratte da piante aromatiche. Sebbene “preziosissimi”, contengono molecole che possono causare “sensibilizzazione che talvolta è solo una sensibilizzazione… ma che poi può scatenare in qualcosa di più importante come un’allergia”. Non vanno mai usati puri, ma sempre veicolati (diluiti in un altro olio). Negli ultimi 30 anni il legislatore è dovuto intervenire per regolamentare conformemente gli oli essenziali a causa di effetti avversi sulla salute che hanno colpito i consumatori.
  • Oli Fissi Vegetali: ottenuti per spremitura di semi o frutti (es. Prunus Amygdalus Dulcis Oil – olio di mandorle dolci, Helianthus Annuus Seed Oil – olio di semi di girasole). Anche se “naturali”, sono miscele complesse, composte da “almeno un centinaio di molecole diverse per natura chimica”. E sì, anche a un olio di mandorle dolci, ritenuto innocuo, si può essere sensibili. A volte, paradossalmente, un olio di sintesi di grado farmaceutico, “ridotto e contenuto nella composizione chimica”, può essere più gestibile per soggetti ipersensibili. Le associazioni dei malati, ricordano che le indicazioni basiche, estrapolate dagli studi di ricerca sull’evitamento chimico per la sensibilità chimica multipla, indicherebbero di non usare cosmetici che contengono “petrolati”, cioè derivati dal petrolio.

Attualmente nel Coslng, il database degli ingredienti cosmetici, ci sono 33.000 voci, ma è progettato per gli addetti ai lavori. Per fortuna, non siamo soli in questa impresa! La Commissione Europea ci ha messo a disposizione COSMILE, un database pubblico e multilingue (sì, c’è anche in italiano!) che offre “schede molto ampie, ben scritte e dettagliate” sugli ingredienti INCI, basate su criteri oggettivi e letteratura scientifica. Un’ancora di salvezza per chi cerca informazioni affidabili. La Prof.ssa Vertuani, tuttavia, consiglia cautela nell’uso di app di valutazione generiche (come Yuka per i Cosmetici), poiché i loro criteri di giudizio non sono sempre trasparenti o scientificamente fondati. Non le demonizziamo, ma usiamole con spirito critico, magari per un primo orientamento, non come verbo assoluto.

I Fantasmi nell’Armadio: Metalli Pesanti, Conservanti e Allergeni

La sicurezza, abbiamo detto, è il fulcro del Regolamento 1223/2009. Ogni prodotto che arriva sul mercato deve essere accompagnato da una rigorosa “valutazione della sicurezza”, redatta da una persona “altamente esperta” (un chimico-cosmetologo con solide basi farmaceutiche e tossicologiche). Un altro aspetto fondamentale: in Europa, la sperimentazione animale è vietata per materie prime e prodotti finiti.

Ma cosa si nasconde ancora?

  • Metalli Pesanti: l’uso intenzionale di nichel, cobalto, cromo, piombo e mercurio è severamente vietato. Tuttavia, il legislatore ammette “possibili tracce di queste sostanze laddove queste siano tecnicamente inevitabili”. Dove si annidano? Spesso nelle materie prime naturali come le polveri pigmentate del make-up. Le aziende virtuose dichiarano “Nichel Tested”, a significare che hanno fatto il massimo per limitare la presenza e hanno testato il contenuto. Ma attenzione: “Nichel Free” è un claim non consentito, perché garantire l’assenza assoluta è tecnicamente impossibile. Per i soggetti altamente sensibili, purtroppo, anche le “parti per milione” possono scatenare reazioni. In questi casi, la rinuncia a prodotti come gli ombretti o il make-up colorato è spesso l’unica vera soluzione. D’altronde, la nostra salute non ha prezzo, anche se a volte significa sacrificare un tocco di glamour.
  • Conservanti: alcuni, come i tiazolinoni (Methylchloroisothiazolinone e Methylisothiazolinone, meglio noti con il nome commerciale Kathon CG/miscela), sono “i colpevoli di tante allergie”. Le loro concentrazioni ammissibili sono state drasticamente ridotte per legge. Similmente, i cessori di formaldeide (es. Imidazolidinyl Urea, Diazolidinyl Urea, DMDM Hydantoin, Bronopol e altri) devono essere obbligatoriamente dichiarati in etichetta con la dicitura “contiene formaldeide” se superano certe soglie. Per chi ha sensibilità, il consiglio è chiaro: evitateli.

Allergeni da Profumo: chi non ama un prodotto che “profuma di buono”? Eppure, proprio le fragranze nascondono insidie. La legge impone di dichiarare in etichetta oltre 80 specifici allergeni se superano determinate soglie (es. 0,001% nei prodotti leave-on/senza risciacquo e 0,01% nei prodotti Rinse-off/con risciacquo). Ma se vedete solo la generica parola “Parfum” senza l’elenco degli allergeni, non illudetevi: non esclude la presenza di queste sostanze al di sotto della soglia di dichiarazione. Per i soggetti sensibili, la Prof.ssa Vertuani è lapidaria: “evitiamo la parola profumo tout court”. Meglio un prodotto inodore che una reazione avversa. Sottolinea che nei criteri di scelta è compreso anche l’evitamento degli oli essenziali.

Oltre la Scadenza: il PAO e l’Arte della Conservazione

Non solo cosa c’è dentro, ma anche per quanto tempo è sicuro usarlo. Sul prodotto cosmetico non è sempre obbligatoria la data di scadenza (indicata con una clessidra e “da consumare preferibilmente entro”). Questo accade solo se la stabilità del prodotto è inferiore ai 30 mesi. È lo stesso meccanismo indicato per gli alimenti e questo conteggio parte dal momento di produzione.

Più comune è il PAO (Period After Opening), il simbolo del “barattolino aperto” seguito da un numero e una “M” (es. 12M, 24M). Questo indica la stabilità microbiologica del prodotto dopo l’apertura. Un PAO lungo (es. 18-24 mesi) suggerisce un sistema conservante robusto. Un PAO breve (es. 3 mesi) indica pochi conservanti, il che può essere un bene per le pelli sensibili, ma richiede maggiore attenzione igienica nell’uso e un consumo rapido. Il consiglio pratico della Professoressa? Appiccicate un’etichetta con la data di apertura, specialmente per i prodotti per il contorno occhi, che sono particolarmente soggetti a contaminazione.

Il Prezzo non fa la Qualità: il Valore oltre il Costo

Un bagnoschiuma da 2 euro e uno da 20. Una crema viso da 10 e una da 100. Il prezzo riflette sempre la qualità intrinseca del prodotto? La risposta è un sonoro “no”. Il costo finale di un cosmetico è un cocktail di molti fattori:

  • Costi delle Materie Prime: certo, ingredienti di qualità costano, ma non sono l’unica voce. Un esempio calzante è l’acido ialuronico (Sodium Hyaluronate): lo stesso nome INCI, ma con pesi molecolari e costi che possono variare da 100 a 3000 euro al chilo, con un impatto notevole sull’efficacia. Eppure, in etichetta apparirà identico!
  • Ricerca e Sviluppo (R&D): il costo dell’innovazione, dei brevetti, dei test di efficacia e sicurezza, delle consulenze universitarie.
  • Marketing e Posizionamento: il packaging lussuoso, il brand, la pubblicità, il canale di vendita (farmacia, supermercato, online). Un prodotto venduto in gioielleria avrà un prezzo stratosferico non per la superiorità intrinseca degli ingredienti, ma per il posizionamento di lusso.

La Prof.ssa Vertuani, pur essendo un’esperta, confessa: “Nel dubbio, comincio con quello che costa meno”. Un consiglio prezioso: coltiviamo lo scetticismo verso i claim “miracolistici” e impariamo a leggere tra le righe del marketing.

Verso un Consumo Consapevole: i Nostri Consigli

Dall’incontro con la Prof.ssa Vertuani emergono consigli pratici, un vero e proprio decalogo per un consumo attento:

  1. Meno ingredienti, meno rischi: scegliete prodotti con una lista INCI più breve. Meno componenti significa meno probabilità di reazioni avverse e più facilità nell’identificare eventuali irritanti. Un range che oscilli tra 5 al massimo 10 ingredienti.
  2. Imparate a leggere l’INCI: familiarizzate con la nomenclatura, prestate attenzione a metalli pesanti, conservanti problematici (tiazolinoni, cessori di formaldeide) e allergeni da profumo.
  3. Evitate la parola “Parfum” generica: per i soggetti sensibili, ridurre l’esposizione a potenziali allergeni non dichiarati. Uguale attenzione anche per gli oli essenziali.
  4. Sviluppate uno sguardo critico sul prezzo: un costo elevato non garantisce automaticamente qualità superiore.
  5. Non affidatevi ciecamente al termine “ipoallergenico”: questo claim indica uno sforzo aziendale per ridurre i rischi, ma “la variabilità individuale esiste sempre”.
  6. Trattate i prodotti con cura: rispettate le condizioni di conservazione (lontano da fonti di calore), usate mani pulite e annotate il PAO.
  7. Consultate COSMILE: è la vostra risorsa affidabile per informazioni oggettive sugli ingredienti.
  8. Cautela con gli oli naturali: anche se “naturali”, sono miscele complesse.
  9. Massima attenzione per bambini e prima infanzia: la pelle immatura dei neonati è vulnerabile; limitare l’uso dei cosmetici al minimo indispensabile, salvo indicazioni mediche specifiche.

Il settore cosmetico è “molto molto molto regolamentato” e dietro ogni prodotto c’è un “grande sforzo a tutti i livelli legislativo, formulatore, di verifica”. L’obiettivo di incontri come questo, e del lavoro di divulgazione dell’Università di Ferrara, è fornirci gli strumenti per “portarsi a casa il messaggio di un approccio come apertura” di una maggiore consapevolezza. Solo così potremo distinguere le aziende oneste e virtuose, che puntano all’eccellenza, da chi cerca solo il profitto.

Per chi volesse approfondire, l’Università di Ferrara offre percorsi formativi, come il corso per “cosmetista”, accessibile a chiunque con un diploma di scuola superiore. Un’opportunità preziosa per trasformare la curiosità in conoscenza e diventare veri esperti del proprio benessere.

In fondo, il segreto non sta nel rinunciare alla bellezza o alla cura di sé, ma nel farlo con una consapevolezza che ci rende padroni delle nostre scelte.

Il Comitato Oltre la MCS e il Comitato Toscano MCS hanno promosso questo incontro con la Prof. Silvia Vertuani.

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Scritto da : AeS

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